Cancellata la seconda rata IMU, ma non per tutti.

Il Comunicato Stampa del Consiglio dei Ministri n.38 del 27/11/2013 precisa che:

“Si abolisce la seconda rata dell’IMU 2013 sull’abitazione principale ad eccezione degli immobili classificati nelle categorie A/1, A/8, A/9. Per quanto riguarda l’IMU agricola per i fabbricati rurali e per gli imprenditori agricoli professionali relativamente ai terreni è prevista l’esenzione totale dal pagamento della seconda rata.

Lo Stato rinuncia così a un gettito previsto di circa 2.150 mln.

Il mancato gettito viene compensato tramite acconti e aumenti d’imposta a carico del settore finanziario e assicurativo.
In dettaglio, la copertura del provvedimento è così composta:
Per 1,5 mld circa: aumento al 130% dell’acconto IRES e IRAP dovuto per l’anno d’imposta 2013 dalle società del settore finanziario e assicurativo. Per questi stessi soggetti l’aliquota IRES viene elevata per il solo anno d’imposta 2013 al 36%.
Per 650 mln circa: anticipo a carico degli intermediari finanziari sulle ritenute relative al risparmio amministrato (conto titoli).
Per quanto riguarda il gettito ulteriore atteso dai comuni che hanno deliberato per l’anno 2013 aliquote superiori a quella standard, circa metà dell’importo viene ristorata dallo Stato; a fini perequativi l’altra metà verrà versata dai contribuenti interessati a metà gennaio 2014, alle stesse scadenze già programmate per altri tributi.
Il termine per il pagamento degli acconti dovuti da tutti i contribuenti soggetti a IRES è prorogato al 10 dicembre 2013.”

L’ammortamento dei beni strumentali

L’ammortamento è un processo contabile con cui si esegue “sistematicamente”, cioè in base ad un piano prestabilito, la ripartizione del costo dei beni strumentali ad utilizzazione limitata nel tempo, fra gli esercizi in cui si presume essi rilascino la loro utilità.

L’ammortamento è il procedimento contabile che ha lo scopo di ripartire il costo di un’immobilizzazione materiale o immateriale lungo la sua vita utile, cosicché, dal punto di vista economico, a ciascun esercizio sia imputato il costo di competenza corrispondente alla quota parte di fattore produttivo utilizzata. Dal punto di vista finanziario l’ammortamento, diminuendo l’utile d’esercizio “distribuibile”, consente di accantonare le disponibilità necessarie per il riacquisto di beni strumentali nuovi in sostituzione di quelli consumati. Dal punto di vista fiscale la deducibilità delle quote d’ammortamento segue le regole dettate dal legislatore ed è condizionata alla corretta tenuta del registro dei beni ammortizzabili.

Beni materiali – Non sono soggetti ad ammortamento i beni la cui durata è illimitata nel tempo come, ad esempio, i terreni sul quale insistono i fabbricati. Gli ammortamenti dei beni strumentali afferenti l’attività aziendale sono deducibili a partire dall’esercizio di entrata in funzione dei beni stessi in misura non superiore a quella risultante dall’applicazione dei coefficienti stabiliti con decreto ministeriale del 31/12/1988, ridotti della metà per il primo esercizio. Tali coefficienti definiscono per ciascuna categoria di beni la quota massima deducibile in ciascun esercizio in base all’attività svolta dall’impresa. Il legislatore fiscale ha così posto limiti “standardizzati” alla durata del processo di ammortamento fiscale dei beni strumentali. Al contrario, per i beni di costo unitario non superiore ad Euro 516,46 ha consentito la deduzione integrale del costo d’acquisto nell’esercizio stesso in cui questo è stato sostenuto. Infine per alcune categorie di beni strumentali “ad uso promiscuo”, come apparati telefonici ed auto aziendali, le quote d’ammortamento sono deducibili solo parzialmente.
Beni immateriali – Tra questi si comprendono diritti d’autore, marchi, brevetti industriali, licenze software e l’avviamento generato in seguito all’acquisto di aziende e rami d’azienda. Per le imprese di nuova costituzione le quote di ammortamento dei beni immateriali sono deducibili a partire dall’esercizio in cui sono conseguiti i primi ricavi.

Da FARMACISTA 33:
Rubrica FISCO E TRIBUTI a cura dello studio Furlotti Del Bue e dello studio legale tributario Costa-Bianchi

Gli acconti di novembre 2013

Si avvicina la scadenza della seconda o unica rata degli acconti delle imposte sui redditi del periodo di imposta in corso. Entro il prossimo 2 dicembre i contribuenti dovranno provvedere al versamento mediante modello F24.

Come noto, entro il prossimo 2 dicembre (il 30 novembre cade di sabato) i contribuenti dovranno provvedere al versamento della seconda o unica rata degli acconti delle imposte sul reddito (IRPEF/IRES) e sul valore della produzione (IRAP), nonché dei contributi previdenziali (IVS e Gestione Separata INPS).  Subito dopo, entro il 16 dicembre, occorrerà pagare la seconda rata dell’IMU. Il versamento della seconda o unica rata d’acconto IRES (imposta sui redditi delle società) , potrà interessare le società di capitali quali, ad esempio, le parafarmacie costituite in forma di S.r.l. o S.p.a.; per le persone fisiche scadranno, se dovuti, gli acconti di IRPEF (imposta sul reddito delle persone fisiche) e della “cedolare secca” sugli immobili abitativi locati. Imprese individuali, società e professionisti dotati di autonoma organizzazione saranno anche chiamati al versamento dell’acconto IRAP (imposta regionale sulle attività produttive). Le scadenze degli acconti contributivi interesseranno, ad esempio, i collaboratori dell’impresa famigliare non farmacisti. Vista la complessità dell’argomento si è scelto di tralasciare i tecnicismi con la certezza che ogni contribuente nostro lettore si sia già affidato ad un professionista di fiducia. È utile tuttavia ricordare che il calcolo degli acconti complessivamente dovuti viene comunemente effettuato utilizzando il cosiddetto “metodo storico” il quale prescinde dall’effettivo reddito del periodo di imposta corrente facendo invece riferimento alla dichiarazione relativa al periodo precedente. Stante l’attuale crisi di liquidità e la contrazione dei consumi (che, a sua volta, influenza i redditi delle farmacie) è quanto mai opportuno segnalare che, in alternativa al criterio di determinazione sopra richiamato, è comunque ammessa la facoltà di rideterminare l’acconto mediante il cosiddetto “metodo previsionale” che tiene invece conto della ragionevole aspettativa di conseguire un reddito (in misura più o meno significativamente) inferiore rispetto al periodo precedente. È altrettanto opportuno tuttavia aver ben presente che, in caso di previsione errata, un pagamento inferiore a quanto dovuto in applicazione del metodo storico comporterà l’irrogazione di sanzioni per insufficiente versamento pari al 30% della differenza tra importo versato ed importo dovuto in base al metodo storico. In tal caso si potrà comunque ricorrere al ravvedimento operoso per sanare l’omissione beneficiando di sanzioni ridotte. Per concludere si ricorda che gli acconti dovranno essere versati mediante modello F24 e, per i titolari di partita IVA, esclusivamente in via telematica. 

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Rubrica FISCO E TRIBUTI a cura dello studio Furlotti Del Bue e dello studio legale tributario Costa-Bianchi

La ventilazione dei corrispettivi

Ai commercianti al minuto di articoli tessili e di vestiario, di prodotti alimentari, dietetici, farmaceutici e per l’igiene personale soggetti ad aliquote IVA diverse è concessa la facoltà di annotare i corrispettivi giornalieri senza distinzione di aliquote.

I commercianti al minuto di prodotti con differenti aliquote devono effettuare la liquidazione periodica dell’IVA in base alle annotazioni dei corrispettivi delle vendite del mese o del trimestre precedente. Dai corrispettivi registrati al lordo dell’IVA, occorre ricavare l’IVA dovuta in base all’aliquota applicabile (4%, 10% o 22%). A tal fine, di norma, è necessario annotare i corrispettivi giornalieri distinti per aliquota nel registro dei corrispettivi. Per esigenze di semplificazione, il legislatore fiscale ha concesso ai commercianti al minuto di articoli tessili e di vestiario, di prodotti alimentari, dietetici, farmaceutici e per l’igiene personale la facoltà di annotare i corrispettivi giornalieri senza distinzione di aliquote ed eseguire la liquidazione dell’imposta dovuta con il metodo della ventilazione dei corrispettivi introdotto dal DM del 24/02/1973. Tale metodo consente di calcolare l’IVA dovuta sulle vendite effettuate mediante scontrino in proporzione all’aliquota media IVA degli acquisti di beni destinati alla rivendita effettuati nel periodo di imposta. Grazie all’ausilio dei software oggi a disposizione, i commercialisti eseguono il calcolo della ventilazione in sede di liquidazione periodica dell’IVA, senza che nessun onere gravi sul commerciante interessato. Può essere opportuno rammentare che le fatture di vendita devono comunque e sempre riportare la distinzione per aliquote di imponibili ed imposta. Si tenga infine presente che Il DM del 24/02/1973 dispone che la ventilazione non è applicabile se l’ammontare annuo delle vendite di merce con emissione di fattura supera il 20% dei corrispettivi complessivi e che la ventilazione non è altresì applicabile a quei commercianti che abbiano acquistato nel periodo d’imposta beni destinati alla rivendita non rientranti nelle categorie dei prodotti già citati in misura superiore al 50% di tutti gli acquisti. In entrambi i casi, dall’anno successivo al verificarsi della condizione ostativa si dovranno annotare i corrispettivi separati per aliquota e calcolare l’IVA con il tradizionale metodo dello scorporo. 

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Accertamento da studi di settore

Gli studi di settore sono uno dei principali strumenti per il contrasto all’evasione e per l’esercizio dell’accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate. Sono applicati per quantificare imponibili occultati o selezionare posizioni a rischio per i controlli tributari.

Per stabile giurisprudenza, la procedura di accertamento standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici. Per risultare legittime e fondate le risultanze degli studi di settore in termini di maggiori ricavi devono dunque fondarsi su un ragionamento presuntivo grave, preciso e concordante, contro cui è ammessa sempre la prova contraria. Tali caratteristiche del ragionamento induttivo (gravità, precisione e concordanza) non possono dirsi automaticamente verificate sulla base del solo scostamento di valori tra quanto dichiarato dal contribuente e quanto rilevato dalla studio. In altre parole, i soli standard in sè considerati (ossia la mancanza di congruità e coerenza allo studio di settore) non sono da soli sufficienti per fondare una verifica nei confronti del contribuente. Affinché l’Ufficio possa legittimamente accertare maggiori ricavi, pertanto, deve supportare le risultanze dello studio di settore attraverso ulteriori elementi e circostanze che consentano di correlare in concreto il dato statistico dello studio all’effettiva realtà del contribuente accertato. La fase di contraddittorio, da attivare obbligatoriamente pena la nullità dell’accertamento, diviene quindi un momento centrale nella verifica con il contribuente (che può tuttavia, restare inerte assumendo le conseguenze, sul piano della valutazione, di questo suo atteggiamento). L’esito di tale contraddittorio, all’interno del quale il contribuente espliciterà tutte le circostanze peculiari che hanno determinato e giustificato lo scostamento rispetto ai valori dello studio, deve poi far parte della motivazione dell’accertamento, nella quale vanno esposte le ragioni per le quali i rilievi del destinatario dell’attività accertativa siano state disattese. Tale procedura di accertamento sancita dalla giurisprudenza riduce certamente i rischi di un utilizzo distorto e acritico dello strumento da parte dell’Agenzia delle Entrate. Tuttavia, lo studio di settore rimane comunque un indicatore importante di sottrazione di materia imponibile ed espone il contribuente, nei casi di incoerenza, alla procedura di verifica descritta: che può spesso trasformarsi in una tipologia di verifica diversa e maggiormente invasiva (ad esempio per indagini finanziarie), qualora all’incongruità da studio di settore si accompagnino vizi od omissioni della contabilità.

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